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Quando Michail Aleksandrovic? riceve dalla Mongolia i resti di un cavallo selvatico, ne rimane folgorato: il teschio che tiene tra le mani corrisponde a quello di un esemplare considerato estinto da lunghissimo tempo, tanto che il giovane zoologo di San Pietroburgo comincia subito a sognare una spedizione negli altipiani a oriente, alla ricerca della specie che affonda le sue radici in tempi remoti, forse la più antica esistente, di cui i nomadi non hanno mai smesso di raccontare. Un'impresa apparentemente impossibile, che l'incontro con un esploratore entusiasta renderà d'un tratto concreta. Poco più di cento anni dopo, Karin lascia Berlino insieme al figlio e si avventura nella riserva di Hustajn per realizzare il più grande piano di salvaguardia naturale di tutti i tempi: grazie a lei, quegli stessi cavalli un tempo liberi e selvaggi, con i quali sin da bambina condivide un legame profondo, stanno per tornare alle vaste steppe delle origini. Ce la faranno a sopravvivere? E che ne sarà di quelli rimasti nei parchi faunistici di un continente sconvolto dai cambiamenti climatici, da carestie e alluvioni, di cui Eva, in un futuro molto vicino, si prende cura nella sua fattoria? Sono loro, i cavalli di Przewalski, quelli dei miti e delle pitture rupestri, il filo narrativo che unisce le vicende di tre secoli: dalla Russia del tempo degli zar, attraverso la Germania di ieri e di oggi, fino al Nord di un'Europa che si sta dissolvendo, Maja Lunde racconta di tre famiglie - tre madri e i loro figli - unite dalla passione per la stessa specie e dalla lotta per impedirne l'estinzione. Tre storie che si intrecciano e si moltiplicano in un romanzo dalle tante voci, che schiude la visuale su un mondo più ampio, dove tutto è connesso. Perché tutto, in natura, dipende dalla capacità di vedere oltre noi stessi, al di là della nostra singola vita, così piccola, eppure decisiva per gli altri e per il futuro del pianeta.